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Quelli che oggi vediamo suddivisi in tre dipinti distinti in origine costituivano un’unica grande tela collocata sulle pareti della Camera degli Imprestidi del Palazzo dei Camerlenghi. Databile tra il 1543 e il 1544, come si evince dalla documentazione d’archivio, l’Annunciazione con il Padreterno risulta essere un’opera di grande importanza per comprendere la maturità artistica raggiunta da Bonifacio alla metà del secolo. Al centro del grande dipinto tripartito campeggiava il Padreterno che, avvolto da una coltre di nubi dorate dalle quali spuntano quattro piccole teste di cherubini, sovrasta una fedele riproduzione di Piazza San Marco, importante documento topografico dell’area marciana alla metà del Cinquecento. La scena ha un forte valore simbolico: l’apparizione di Dio proprio al di sopra del cuore pulsante della Serenissima era tesa a sottolineare come il governo della Repubblica fosse legittimato direttamente dal divino e dunque il suo operato fosse giusto ed inoppugnabile. Ai lati figuravano l’Arcangelo Gabriele, a sinistra, e la Vergine Annunciata, a destra. Di pregevole fattura è la raffigurazione del Padreterno: gli echi tizianeschi sono evidenti nelle cromie delle nuvole e nella figura del Padre, mentre il modello iconografico pare desunto dalla Apparizione di Dio a Noè di Raffaello, probabilmente noto a Bonifacio tramite l’incisione di Marcantonio Raimondi. Bonifacio Veronese sembra qui ispirarsi anche all’imponenza tipica dalle figure del Pordenone, il cui impatto sulla scena artistica veneziana fu determinante nel corso del quarto decennio del Cinquecento.