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La tavola, proveniente dalla sagrestia della parrocchiale di Legnaro, probabilmente si trovava già nel Quattrocento nell’antica chiesa di San Biagio di Legnaro, su cui avevano giurisdizione i benedettini della basilica padovana di Santa Giustina: si potrebbe rinvenire qui, perciò, il legame fra questo paese di provincia e la figura di Jacopo Bellini, il quale mantiene per tutta la sua esistenza un forte rapporto con Padova. Il dipinto fa parte del genere devozionale della Madonna con il Bambino che sostituisce man mano il tipo dell’icona riprendendone alcuni tratti formali, quali le ridotte dimensioni e la collocazione dei due soggetti a mezza figura in primo piano, ma rinnovandoli con un’inedita attenzione all’aspetto umano ed emotivo della Vergine e del Cristo. L’artista, infatti, a partire dagli anni Cinquanta aggiorna il suo stile, precedentemente influenzato da stilemi gotici come si può notare, ad esempio, nella Madonna con Bambino di Brera (1448), costruendo le forme con maggior solidità e plasmando i panneggi sui corpi per farne risaltare la volumetria. Il rosso, che domina il dipinto, è rilevato da lumeggiature dorate in corrispondenza dei punti su cui incide direttamente la luce, proveniente da sinistra: l’utilizzo dell’oro rimanda ancora ai preziosismi bizantini e gotici ma assume una nuova funzione, costruire le masse. Il gesto particolarmente umano del Bambino che accarezza il volto della Madre non è tipico di Jacopo e fa pensare, anzi, a una prima influenza della produzione del figlio Giovanni. La vivacità del piccolo Gesù, inoltre, potrebbe derivare da una matrice toscana e distingue la tavola da produzioni simili ma maggiormente aderenti al modello canonico come la Madonna col Bambino benedicente e cherubini, custodita sempre alle Gallerie (cat. 582).