La tavola fu acquistata dallo Stato italiano nel 1959, dopo essere stata concessa in deposito dal 1846 alla Parrocchiale di San Giorgio delle Pertiche da un anonimo proprietario. Ignota è la collocazione originaria, anche se è lecito ipotizzare, secondo quanto suggerirebbe un’iscrizione del 1711 apposta sul retro, che si trattasse di una tavoletta devozionale posta in un edificio pubblico. Il dipinto, datato verso il 1441, accresce la serie di Madonne dipinte tra il 1440 e il 1450 da Antonio Vivarini, a metà strada tra l’influenza bizantina e i nuovi orientamenti stilistici centro italiani, in particolare quelli manifesti nella Firenze della prima metà del XV secolo. Numerosi sono i richiami stilistici con i polittici oggi a Parenzo (Museo della Basilica Eufrasiana) a Vienna (Vienna, Kunsthistorisches Museum), anche se in questo caso la Vergine non è rappresentata nella consueta iconica frontalità, ma leggermente di tre quarti, mentre china dolcemente il capo e regge il Bambino in atto benedicente. Il fondo oro, pesantemente ritoccato in un restauro settecentesco, conferisce un’atmosfera irreale al dipinto, che mostra, nella resa volumetrica delle figure, una moderna ricerca spaziale, e avvicina l’opera alle grandi novità del linguaggio toscano di Masolino e di Filippo Lippi. Elementi innovativi possono essere ravvisati nei volumi plastici dei volti e nella posizione delle gambe e delle mani, nonché nell’affinamento psicologico dei personaggi, frutto anche della conoscenza delle opere contemporanee di Jacopo Bellini.
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