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Dal punto di vista collezionistico il “trittico” con i tre santi eremiti, Girolamo (al centro), Antonio (sinistra) e Egidio (destra), segue le vicende del trittico di Santa Liberata, a partire dalla comune provenienza dalla collezione di Domenico Grimani ed è quindi documentato a Venezia già all’inizio del Cinquecento. Non è sicuro che le tre tavole fossero destinate ad essere riunite in un trittico sin dall’inizio e, se una qualche continuità si può notare nel paesaggio di fondo tra la tavola centrale e quella di destra, più “autonoma” sembra la concezione della tavola con sant’Antonio. Opera di raffinata qualità e di straordinaria concezione spaziale, con la scansione parallela dei diversi piani, è la tavola centrale con san Girolamo, raffigurato mentre contempla il crocifisso in quella che un tempo doveva esser stata una cappella e di cui si vedono solo un frammento di pavimento e un bellissimo altare istoriato (dove si riconosce la raffigurazione di Giuditta e Oloferne). Tra i molti dettagli, colpisce quello sulla sinistra che raffigura una figura umana in miniatura con le mani giunte, forse un’allegoria dell’anima umana in ascesa verso il cielo. Nel pannello di destra è sant’Egidio, accompagnato dalla sua fedele cerva che, secondo la leggenda, lo allattò durante l’eremitaggio, e dalla freccia conficcata nel petto. Il dettaglio più curioso è forse quello della figura affacciata alla finestrella della grotta-antro, che secondo la leggenda agiografica dovrebbe rappresentare Carlo Martello, colui che avrebbe scoperto il santo in fin di vita offrendosi di aiutarlo. Infine sulla sinistra è il santo abate Antonio, circondato dalla consueta turba di raffigurazioni mostruose e, per altro verso, dalle due fanciulle svestite visibili oltre un tendaggio appoggiato a un ramo, allusive alle celebri “tentazioni” cui il santo è chiamato a resistere.