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Attraverso gli elenchi demaniali, fondamentali per seguire la provenienza e gli spostamenti delle opere dopo le soppressioni napoleoniche, è possibile identificare l’Apparizione della Vergine a S. Filippo Neri fra i dipinti provenienti dalla chiesa dell’ospedale degli Incurabili. Dopo essere stato conservato nei depositi entrò in museo nel 1865 e nel 1888 venne assegnato alla chiesa di Santo Stefano a Treviso per ornarne un altare. Trasferito definitivamente in museo nel 1961, dopo il restauro, il dipinto, fino a quel momento senza autore, è stato attribuito alla mano di Francesco Maffei. Non è tuttavia dimostrabile che l’opera fosse di pertinenza della chiesa degli Incurabili fin dalle origini, in quanto non viene ricordata dalle fonti antiche né seicentesche, né settecentesche. Solo l’abate Moschini, nella sua Guida di Venezia del 1815, registrava la presenza di un San Filippo Neri (senza attribuzione) collocato vicino al pulpito, prima che la decorazione e gli arredi venissero smembrati nel 1825, e l’edificio demolito nel 1831.

Il Santo viene rappresentato inginocchiato in adorazione davanti alla visione della Vergine, protesa benevolmente verso di lui, sorretta da cherubini e circondata da festosi putti. Il fondatore dell’ordine degli Oratoriani è riconoscibile anche dalla presenza, ai suoi piedi, di un giglio, uno dei suoi attributi iconografici, ed è abbigliato con una pianeta rossa ricamata con fili dorati e con un camice bianco dalle ampie maniche a sbuffo, di cui si apprezza la resa volumetrica e la densa materia pittorica. La tavolozza è impostata sulle tonalità calde dei bruni e dei rossi cui si accorda il rosa pesca della veste della Madonna.

L’intera composizione, ambientata in uno spazio neutro e ben calibrata nel bilanciamento delle due figure, è dominata dalla monumentalità del Santo in primo piano, esaltata dalla luce proveniente da sinistra. Di grande impatto sono il volto intensamente chiaroscurato e la resa vibrante delle superfici e dei particolari dell’abbigliamento, dove bene si ravvisano tangenze stilistiche con artisti della generazione precedente come Domenico Fetti e Bernardo Strozzi, nonché, nella rappresentazione della Vergine, una ripresa tipologica di alcune figure femminili del terzo importante rinnovatore “foresto” della pittura veneziana del terzo decennio del Seicento, il tedesco Johann Liss.