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Il dipinto faceva parte della decorazione del soffitto della chiesa di San Nicolò della Lattuga, realizzata da Veronese e dalla sua bottega alla fine degli anni settanta del XVI secolo.

Il quadro si trovava nel soffitto in posizione centrale, accompagnato ai lati da altri due grandi riquadri, raffiguranti San Francesco che riceve le stigmate e San Nicolò accolto vescovo di Myra e quattro tele minori agli angoli con figure di evangelisti. Le tele di maggiori dimensioni erano intese a celebrare i tre santi di maggiore devozione nella chiesa, ossia san Francesco, san Nicolò e la Vergine Maria.

La tela, la cui attribuzione a Veronese è stata sostanzialmente confermata in sede critica anche se si è talvolta supposto l’intervento di aiuti nei personaggi marginali, presenta una scena in ardito scorcio dal basso e uno stile pittorico tipico del Veronese alla fine degli anni Settanta del Cinquecento: si notino lo scurirsi della tavolozza, i giochi di luce guizzanti e la sensazione di impercettibile inquietudine che contraddistingue la scena.

Contrariamente alle indicazioni evangeliche e ad una consolidata tradizione iconografica, Veronese sceglie di non collocare la sacra famiglia in una grotta o in un rudere ma di campire contro un fondale di architetture monumentali, molto tipiche del pittore, qui utilizzate per veicolare un significato ben preciso ossia la fine del mondo pagano e l'avvento della religione cristiana.

Il corteo regale dei Magi, che entra in scena da destra, lascia alle spalle alcune rovine classiche ormai spoglie e abbandonate, allusive al mondo pagano; a sinistra invece, ai piedi della sacra famiglia, si erge un edificio monumentale di forme rinascimentali, a dimostrazione della grandezza e magnificenza della nuova Chiesa.

L'incontro fra queste fra il regno sub lege e sub gratia è reso possibile tramite la figura di Gesù bambino, oggetto dell'adorazione degli astanti: Cristo, tramite la sua incarnazione, annuncia la salvezza per l'umanità intera.