Proveniente dalla collezione Vendramin, dove si trovava fino almeno al 1601 in compagnia di altri autografi di Giorgione come la Tempesta, l’opera fu successivamente acquistata dal mercante Cristoforo Orsetti, che la ricorda nel proprio testamento del 1664 e quindi passò per eredità nella collezione del figlio di questi, Giovanni Battista. Solo successivamente, in data imprecisata, passò nelle raccolte Manfrin da dove, nel 1856, fu acquistata dallo Stato italiano insieme ad altri importanti dipinti.
Caposaldo del ristretto catalogo di Giorgione, l’opera sorprende ancora oggi per l’assoluta peculiarità del suo soggetto, un’anziana signora raffigurata con estremo realismo, il volto segnato dal tempo da profonde rughe e la dentatura imperfetta o mancante. Dall’inventario Vendramin del 1601, si desume che La Vecchia fosse conservata con una “coperta” (o che serviva a tale scopo), raffigurante un’effige maschile, la cui lettura combinata poteva aiutare a comprenderne il significato recondito, forse anche più complesso di una semplice meditazione sul tema della vanitas. Rispetto al contemporaneo scenario artistico veneziano, appare indubbia la scelta rivoluzionaria di Giorgione di dedicarsi ad un simile tema con un approccio così diretto, sicuramente ispirato da una parte agli studi leonardeschi (si noti la somiglianza tra la Vecchia e l’apostolo Filippo all’interno del Cenacolo di Santa Maria delle Grazie), dall’altra ad alcuni prototipi nordici – si pensi ad esempio al Ritratto di giovane di Dürer di Vienna che aveva sul retro una figura di anziana donna con un sacco di monete. È plausibile che il soggetto avesse un chiaro significato per il committente dell’opera, probabilmente lo stesso Gabriele Vendramin vista anche la presenza dello stemma di famiglia sull’antica cornice, significato cui poteva alludere il cartiglio con la scritta “col tempo”, verosimile incipit di una citazione o di un messaggio.