Commissionata dall’armatore Giorgio Dragan per il suo altare nella chiesa di Santa Maria della Carità a Venezia, l’opera viene demanializzata nel momento in cui la chiesa stessa diviene parte integrante del complesso delle Gallerie dell’Accademia. Opera tarda di Cima, databile tra la fine degli anni novanta del Quattrocento e i primissimi anni del Cinquecento, l’opera mostra un momento di sostanziale avvicinamento del pittore di Conegliano al linguaggio più alto di Giovanni Bellini, alla cui mano l’opera è stata riferita, per errore, da diverse fonti antiche, ma anche una riflessione sulla contemporanea scena scultorea veneziana (Tullio Lombardo) e gli apporti di un pittore innovativo come Antonello da Messina nella pala di San Cassiano, anche per la complessa architettura dipinta entro la quale trovano arioso spazio i protagonisti. Nella figura di san Giorgio in armatura è stato riconosciuto un magnetico ritratto del committente.
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