La tela, di cui esiste una copia conservata a Schweinfurt (coll. Georg Schäfer; già a Roma, coll. Capparoni), è considerata da Klessmann, che si basa su considerazioni di ordine stilistico, appartenente alla fase matura dell’opera di Liss, ovvero dopo la pala d’altare della chiesa di San Nicolò da Tolentino, dallo studioso data intorno al 1629. Lo stesso Pedrocco la colloca in un periodo avanzato della carriera del pittore quando nelle sue opere si ravvisa l’avvicinamento alla maniera di Paolo Veronese.
L’opera rappresenta Adamo ed Eva, ormai vecchi, che piangono il corpo senza vita del loro figlio, il cui sacrificio è richiamato dall’altare posto su una delle colline che inquadrano un paesaggio crepuscolare reso con struggente lirismo. L’episodio non risulta espressamente citato nella Genesi (4, 1-15), ma potrebbe essere stato tratto dalla “Historia scolastica”, scritta intorno al 1170 da Pietro Comestore (Klessmann). Come il suo pendant raffigurante il “Sacrificio di Isacco”, l’immagine rimanda, mediante immagini fortemente drammatiche, gli esisti della disobbedienza nei confronti del volere divino.
Nella rappresentazione di Abele è stato individuato un puntuale riferimento in un’opera di Michiel Coxie (la “Maledizione di Caino”, Madrid, Museo del Prado, c.1540) che nel primo quarto del XVII secolo si trovava probabilmente ad Anversa e doveva essere ispirata ad un modello scultoreo replicato da diversi artisti (Klessmann).
Dalla tela, documentata insieme al suo pendant presso la collezione Giovanelli di Venezia intorno al 1743, è stata tratta un’incisione di Pietro Monaco (Braunschweig, Herzog Anton Ulrich-Museum, c.1740)