Il dipinto, in pendant con la Parabola del seminatore di zizzania, è entrato nel museo con l’attribuzione a Domenico Fetti. Esistono numerose versioni, copie e disegni di questo soggetto, tratto della celebre serie delle Tredici Parabole evangeliche eseguite dall’artista su commissione del Duca Ferdinando Gonzaga, presumibilmente tra 1618 e 1621.
L'opera veneziana, inizialmente ritenuta autografa, è ora considerata da parte della critica come una versione realizzata in bottega con un possibile intervento del maestro nelle figure, nel cielo e in una parte dell’alberatura.
Il pittore non rappresenta, come avviene di consueto, il momento della narrazione in cui il samaritano guarisce il giudeo ferito a terra, ma quello appena successivo in cui lo issa sul suo asino (Luca, 10, 34). Il chiaro messaggio moralistico va letto dunque come un’esortazione all’amore e alla pietà attraverso la ricezione del buon esempio fornito da Cristo (il samaritano), che dimostra pietà nei confronti del peccatore (il giudeo ferito) assalito dai ladri (il peccato) durante il ritorno da Gerusalemme (il Paradiso).