Donata dalla famiglia Contarini alle Gallerie nel 1838, la tavola ritrae la Madonna, seduta su un insolito podio lapideo mentre guarda pensierosa il Bambino, prefigurandosi la sua morte di croce, santa Lucia a sinistra, e la Maddalena e san Giuseppe a destra, assorti in un dialogo silenzioso. La scena è ambientata in una stanza buia, chiusa da pesanti tendaggi rossi, eccezion fatta per la porzione che sta in corrispondenza della testa del Cristo, aperta su un paesaggio collinare terso e luminoso. L’impostazione compositiva ricorda, nei suoi elementi essenziali, le sacre conversazioni di destinazione privata realizzate da Giovanni Bellini, personaggio che ha sicuramente influenzato la formazione dell’artista bergamasco a Venezia tra il primo e il secondo decennio del Cinquecento. Lo schema di base viene però ampliato e l’atmosfera è caricata di una sospensione nervosa lontana dal sentire limpido e rasserenante di Bellini o di Cima da Conegliano. Lo spirito contemplativo che pervade l’opera è di derivazione giorgionesca, nonostante alcune rigidezze formali nella geometrizzazione delle figure e l’indulgere in particolari quali il libretto alla sinistra della Madonna, il vasetto di cristallo di santa Lucia e l’ampolla della Maddalena richiamino ancora i modi della pittura di devozione quattrocentesca. Anche la scelta dei colori, pur fusi dal valore atmosferico introdotto da Giorgione, è legata al secolo appena conclusosi, creando un curioso innesto di novità su una base tradizionale e conservatrice. Cariani non manca, infatti, di riferirsi ai pittori veneziani della nuova generazione, nati come lui negli anni Ottanta e Novanta del Quattrocento: il profilo della Maddalena ricorda, ad esempio, santa Barbara della Madonna con il Bambino tra santi e donatori di Sebastiano del Piombo (New York, Metropolitan Museum of Art, cat. 1973.155.5) e la donna de Le tre età dell’uomo di Tiziano (1511-1512 circa, Edimburgo, Scottish National Gallery, cat. NGL 068.46), mentre san Giuseppe ha gli stessi tratti fisiognomici dei tipi maschili di Palma il Vecchio. Anticamente attribuita a Giovanni da Udine, la tavola è collocata concordemente nel catalogo di Cariani datandola attorno al 1512-1514. Pre 1510 secondo Ballarin (2007)
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