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La lunetta con il Cristo flagellato alla colonna di Giovanni Battista Langetti era posta in controfacciata della chiesa delle Terese a Venezia, sopra la porta di sinistra. Insieme al suo pendant con Cristo coronato di spine, dopo le soppressioni napoleoniche, venne trasferita nel deposito temporaneo allestito presso la chiesa di S. Lorenzo. 

L’episodio della flagellazione viene citato da tutti e quattro i vangeli e costituisce uno degli episodi finali del processo di Gesù, prima dell’incoronazione di spine. 

Con la Controriforma si assiste all’introduzione di una variante nell’iconografia tradizionale della flagellazione che prevedeva il Cristo legato ad un alto fusto di colonna. Nella pittura seicentesca si diffonde la rappresentazione di Cristo incatenato a un tronco di colonna basso e rastremato verso l’alto, che rievoca la reliquia della colonna della flagellazione portata a Roma nel 1223 dal cardinale Giovanni Colonna conservata nella basilica di Santa Prassede. Anche Giovanni Battista Langetti adotta questa formulazione dell’episodio e pone la possente figura del Cristo torturato al centro della scena, fortemente caratterizzato da un pallore del torso già mortale e dal volto livido. Come in altri dipinti dell’artista, nella rappresentazione di questo episodio sacro si fa ancora più simbolicamente pregnante la distinzione fra il candore di Gesù e le figure scure che lo circondano, in particolare di quella del carnefice di destra, pronto a sferrare un altro colpo di flagello. Gli altri due sgherri in secondo piano, parzialmente inghiottiti dall’ombra, sono colti anch’essi nell’atto di scaricare con forza le proprie verghe sulla schiena di Cristo. Brano pittorico degno di nota è il capo delle guardie, incombente sulla sinistra, armato di elmo e corazza splendenti, che sovrintende e dirige la scena con freddo distacco.