Originariamente collocato nella Procuratia de Citra (magistratura con sede a San Marco che si occupava delle dotazioni della Basilica al di qua del Canal Grande), il ritratto, dopo essere stato indemaniato, venne inviato a Vienna nel 1838 per tornare alle Gallerie nel 1919.
Dall’oscurità che avvolge il fondo del dipinto emerge la figura solenne, in toga rossa bordata di ermellino, di un procuratore che lo stemma guida ad identificare in un esponente della famiglia Contarini. Le iniziali «I.C.», ben visibili sul plinto della colonna che si intravede alla sua destra del personaggio, inducono a supporre che si tratti di Giovanni Paolo Contarini, il cui ritratto è ricordato da Boschini e Zanetti come opera di Domenico Tintoretto ma nella Procuratoria de Supra. L’ipotesi, già espressa dal catalogo viennese, troverebbe un riscontro nelle vicende biografiche dell’effigiato, divenuto procuratore nel 1594 e morto nel 1604, che ben si confanno ad un’opera della maturità del pittore.
L’adesione al dato naturale, l’accentuazione delle particolarità fisionomiche, la pennellata densa di colore che indugia su certi dettagli dell’abbigliamento minuziosamente resi sono le cifre stilistiche della produzione di Domenico. L’ interesse rivolto alla ritrattistica bresciana di Giambattista Moroni, in particolare, intensifica l’acutezza dell’indagine realistica che allontana Domenico dal linguaggio paterno che pur costituì sempre un imprescindibile punto di partenza (Rossi, 1974).
Bibliografia
- S. Moschini Marconi, Gallerie dell’Accademia di Venezia. I: Opere d’arte del secolo XVI, Roma 1962.
- P. Rossi, Jacopo Tintoretto. I: I ritratti, Venezia 1974.
- G. Nepi Scirè, F. Valcanover, Gallerie dell’Accademia di Venezia, Milano 1985.