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Le Gallerie dell’Accademia di Venezia possiedono uno dei capolavori assoluti della produzione pubblica di Giambattista Tiepolo destinata alle chiese di Venezia. Si tratta di un’opera monumentale che bene testimonia la feconda fantasia e originalità inventiva dell’artista. Rappresenta l’episodio biblico dell’atroce punizione inflitta da Dio al popolo di Israele, reo di aver messo in discussione la propria fede durante la traversata del deserto, sfiancato dalla fame e dalla sete e per questo condannato a morire per i morsi dei rettili velenosi. A Mosè, che lo supplica di fermare la strage, Dio impartisce l’ordine di erigere un serpente di bronzo su di un palo, capace di dare la salvezza a coloro i quali avessero rivolto a lui lo sguardo. Il tema viene espresso attraverso una composizione di straordinaria forza drammatica. Il formato lungo e stretto della tela trova spiegazione nella sua collocazione sul “barco” ovvero sul pontile che attraversava l’aula della chiesa dei SS. Cosma e Damiano alla Giudecca. La scansione del racconto in tre campi, delimitati da fastose cornici ornamentali imitanti ricchi stucchi e intervallati da partiture architettoniche in finto legno dorato, riprende probabilmente l’andamento delle finestrelle esistenti nel barco da cui le monache benedettine di clausura, protette da inferriate dorate, potevano assistere, non viste, alla liturgia che aveva luogo nell’aula.  La presenza delle cornici curvilinee, arricchite da carnosi elementi vegetali e da opulenti festoni di frutta – molto simili nelle forme a quelle che incorniciano le scene di Scipione affrescate nel 1730 in palazzo Casati Dugnani a Milano – esalta magnificamente l’effetto potentemente illusionistico dei corpi che sporgono audacemente nello spazio dello spettatore.

Il tema era stato già esplorato da Tiepolo in una dozzina di fogli giovanili, schizzati rapidamente a penna e acquarellati, oggi dispersi tra varie collezioni pubbliche e private e sembra eccitare la fantasia dell’artista che si esercita nel trovare soluzioni continuamente variate nella rappresentazione di eroiche figure maschili, immortalate in audaci contorsioni, complessi grovigli e arditi scorci, sorprese in espressioni tragiche nel disperato sforzo di liberarsi dalla morsa dei serpenti. L’irruenza espressiva è accompagnata da una pennellata energica e vigorosa, libera e sfrangiata, carica di materia data per impasti densi di colore, facendo impiego di tutti i pigmenti caratteristici dell’epoca, sapientemente variati nei toni.

Il dipinto presentava gravi lacune, per lo più di andamento verticale e diagonale che solcavano, come una ragnatela, l’intera superficie pittorica interferendo pesantemente con la visione. I danni erano stati causati da un maldestro ripiegamento cui la tela, smontata dal telaio e arrotolata su sé stessa, era stata soggetta per circa un secolo, durante il suo ricovero in un locale della chiesa dei SS. Maria e Liberale a Castelfranco adibito a deposito demaniale.

Nel 1893, l’anno successivo alla avvenuta consegna alle Gallerie dell’Accademia, il dipinto fu sottoposto ad un restauro ad opera di Guglielmo Botti. L’intervento, fortunatamente ben documentato, fu limitato alla sola rifoderatura e alla sostituzione del telaio. Un piccolo saggio di “riordino”, effettuato in quella occasione in una porzione centrale del dipinto, suscitò le critiche della Commissione permanente di pittura, organo dell’Accademia di Belle Arti cui spettava la sorveglianza sui restauri, e pertanto venne ripristinato lo stato precedente. Né in quell’occasione quindi, né nel successivo intervento di Ottorino Nonfarmale eseguito un secolo dopo, venne effettuato alcun riordino della superficie.  Di conseguenza, prima dell’attuale intervento, la superficie pittorica necessitava di una pulitura e di una complessiva revisione della presentazione estetica, per ridurre l’interferenza visiva delle lacune, eseguita tramite stuccatura e integrazione pittorica mediante abbassamento di tono, scelta resa ancora più stringente dal nuovo posizionamento della grande tela nella parete sud del salone 6, interamente dedicata ad opere di Tiepolo.