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Fra le prime opere di grande formato ad essere approntate da Bonifacio de’ Pitati e la sua bottega per il cantiere decorativo del Palazzo dei Camerlenghi, il Cristo in trono tra santi è databile al 1530, come indica anche la data mcxxxriportata nell’opera. La tela, anticamente affiancata dalle Virtù Cardinali oggi a Modena (1532-1534 inv. 200-205 in deposito al Palazzo Ducale di Sassuolo), era collocata nella prima camera dei Governatori alle Entrate, magistratura atta a sovrintendere l’amministrazione finanziaria della Repubblica, e fu commissionata da Alvise Bono, Vittore Donà e Domenico Cappello, magistrati uscenti tra il 1530 e il 1531, i cui stemmi si trovano dipinti ai piedi dei loro santi omonimi. La composizione dell’opera appare essere piuttosto arcaica e costituisce un unicum nel ciclo camerlenghiano: al centro troneggia la figura di Cristo circondato da una un’ampia serie di santi – la cui identificazione creò qualche confusione nei cronisti antichi – tra cui si riconoscono, oltre agli omonimi dei committenti, S. Marco, S. Giustina, S. Antonio da Padova, S. Antonio abate, S. Bruno, il Battista e S. Girolamo. Questa tipologia di raffigurazione, evidentemente dipendente dal genere della sacra conversazione, fu probabilmente richiesta a Bonifacio dai committenti stessi, i quali in tal modo volevano porsi in continuità con la decorazione pittorica di altri importanti uffici della Repubblica quale, ad esempio, il Magistrato del Cattaver a Palazzo Ducale, in cui era conservato il Cristo in trono tra Santi (1468 cat. 614-620-622) – la cui attribuzione è ancora assai dibattuta – iconograficamente molto vicino a quello successivamente realizzato dal Bonifacio. La critica, nonostante lo stato conservativo piuttosto buono dell’opera, ha molto discusso riguardo l’autografia del dipinto; alcuni elementi, come l’angelo musicate a destra – importante nell’equilibrio dell’opera in quanto rompe la simmetricità della composizione – vengono attribuiti al pennello del maestro, mentre altri, come lo sfondo paesaggistico, vengono variamente dati alla bottega. La qualità del dipinto, nel suo complesso, risulta essere comunque molto alta e la pastosità del colore tende ad annullare il particolare grafico, distanziandosi in tal modo dalla maniera del maestro di Bonifacio, Palma il Vecchio.