Il dipinto proviene dalla chiesa di Sant’Elena, dall’altare intitolato alla Natività, fatto edificare, assieme alla tomba prevista di fronte, da Eustachio Balbi secondo la volontà espressa nel testamento stilato nel 1478. Per evitare che i suoi desideri venissero esauditi troppo a rilento, come succedeva di frequente, il Balbi aveva inserito nel testamento una clausola che stabiliva “che tutto quello che laso, si de fare la palla [ovvero la pala d’altare], chome la sepultura et altri legati in anima da tutti mii chomisarj sia adimpidi e mandati ad esecuzion in termini de mexj 6”. Vi erano nominati commissari i fratelli, Filippo, Giacomo, Benedetto e i figli Andrea, Zaccaria, Crispina e Chiara.
Nella pala, probabilmente eseguita a ridosso della morte del committente avvenuta nell’aprile del 1480, si sono generalmente riconosciuti Eustachio e Giacomo sulla sinistra, mentre sulla destra, non senza qualche incertezza, Marco e Nicolò, prestando così fede alla testimonianza di Boschini (1664).
Come messo in luce dagli studi (Lucia Sartor, 1997), il santo barbuto di destra è invece da riconoscere in Benedetto: al posto del consueto abito nero, indossa una veste bianca con ampie maniche, in linea con la rappresentazione del santo destinata alle chiese appartenenti agli ordini benedettini riformati, come nel caso degli Olivetani di Sant’Elena. Benedetto era il santo onomastico di uno dei fratelli cui Eustachio aveva affidato il compito di esaudire le sue volontà testamentarie. Per lo stesso ordine di considerazioni, è probabile che il giovane santo posto accanto a Benedetto sia da riconoscere in Filippo, la cui iconografia poco definita può facilmente averlo fatto confondere con san Marco.
La composizione è organizzata con ordine e simmetria: al centro è posta la Sacra Famiglia, al riparo sotto ad una monumentale capanna, la cui forma appare ispirata a quelle ideate da Jacopo Bellini nei famosi libri di disegni conservati al Louvre e al British Museum, mentre i santi si dispongono ai lati scalati su più piani, accompagnati dal degradare del paesaggio montuoso alle loro spalle.
Si tratta di un’opera di rilevo della prima maturità dell’artista, che svolse una lunga carriera in parallelo a quella di Giovanni Bellini durante tutto il corso della seconda metà del Quattrocento e che si aggiudicò un ruolo importante nelle vicende artistiche veneziane.
Il dipinto dimostra la capacità di Bastiani di coniugare gli esiti della giovanile frequentazione della bottega vivarinesca con l’influenza della cultura figurativa padovano-mantegnesca e di quella belliniana.