La tela rappresenta la conclusione della parabola del Padre misericordioso raccontata nel Vangelo di Luca (Lc 15, 11-32).
Il figliol prodigo, che aveva sperperato l’anticipata eredità paterna vivendo in modo dissoluto, trovandosi nel bisogno si mette in cammino per ritornare alla casa del padre, con il proposito di chiedere perdono. «Mentre era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione. Gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (Lc 15, 20). Il racconto evangelico non descrive un padre offeso e risentito, ma è un padre buono che accoglie il figlio ancor prima che egli abbia espresso il suo pentimento.
Nel Ritorno del figliol prodigo di Palma il Giovane, il figlio minore, con la veste logora, è inginocchiato davanti al padre e porta le braccia incrociate al petto, in segno di pentimento. Il padre lo abbraccia con tenerezza e sùbito ordina ai servi: «Presto, portate qui la veste migliore e fategliela indossare; mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi» (Lc 15, 22). Nella tela, tre servitori stanno accorrendo da sinistra verso il giovane, portandogli gli abiti, i calzari e l’anello, simboli della ritrovata dignità di figlio. Sullo sfondo, al di sotto del loggiato, si sta preparando il banchetto per fare festa e per l’occasione il padre fa ammazzare il vitello più grasso.
La vicenda è narrata da Palma il Giovane nell’essenzialità, mancano l’esibizione di grazie femminili, vasellame e vivande che caratterizzavano gli Svaghi del figliol prodigo (1600 ca.), tela conservata anch’essa alle Gallerie. In questo modo l’attenzione è focalizzata sul vecchio padre che si china verso l’amato figlio.
L’opera presenta una intensità di chiaroscuro e di colore e per Moschini (1958, p. 104) ha un «impianto già secentesco». Venne restaurata nel 1958 da Antonio Lazzarin asportando una larga aggiunta in alto e integrando il dipinto con una striscia al margine inferiore (Moschini Marconi 1962, p. 154).